Fu una guerra aerea. Non fu una bomba a far precipitare il Dc9 a Ustica, quella notte di 19 anni fa. Dieci generali alla sbarra, di cui quattro con l'accusa di attentato agli organi costituzionali e alto tradimento. Quasi cinquemila pagine per mettere la parola fine a una delle più lunghe, contraddittorie inchieste della Repubblica. Sull'aereo Itavia, il 27 giugno 80, morirono 81 persone. L'ordinanza di rinvio a giudizio del giudice Rosario Priore fa un passo avanti rispetto alla requisitoria dei PM Salvi, Roselli e Nebbioso di un anno fa. Questa non arrivava a certezze sulla causa della tragedia. Non si sbilanciava né sull'ipotesi bomba né su quella del missile. Confermava invece le accuse ai vertici dell'Aeronautica e ai generali che ora andranno a processo. Fellonia, depistaggio, falsa testimonianza. Priore, che ieri notte poco prima delle 22 ha concluso la stesura dell'ordinanza dopo una giornata intera chiuso nel suo ufficio, arriva a escludere l'attentato e disegna lo scenario più inquietante. Una battaglia sul Tirreno con velivoli Nato (francesi, americani? forse Awacs) all'inseguimento di un jet (libico?) che si mise sotto il Dc9 interferendo con la sua scia. Lo spostamento d'aria causato da un missile diretto verso quel jet potrebbe aver distrutto prima l'ala sinistra del Dc9 e poi bloccato il motore destro. In ogni caso, Priore non ha voluto arrendersi a conclusioni vaghe, ha cercato fin dal 90, nonostante il balletto di perizie contrastanti, di ricostruire l'inabissamento del Dc9. Ed è ricorso a nuove perizie radaristiche, risalenti all'aprile scorso, non a disposizione dei PM, anche grazie alla collaborazione del comando Nato di Bruxelles sollecitato dal governo Prodi. Ha concluso che, poiché quella notte attorno all'aereo Itavia c'erano tracce di altri velivoli ci fu un inseguimento sul Tirreno. In mare, al largo della Corsica, incrociava la portaerei francese Clemenceau. Coincidenza improbabile che scoppiasse proprio in quel momento un ordigno a bordo. I periti Enzo Dalle Mese, Franco Donali e Roberto Tiberio sottolineano un'azione di intercettamento e di mancata collisione. Si parlerebbe di “volo del Dc9 affiancato da velivolo nascosto”, di “rotta del Dc9 attraversata da uno o due velivoli militari pochi secondi dopo l'incidente” e di “ricognizione di un velivolo subito prima dei soccorsi ufficiali”. Tutte circostanze, queste, che avrebbero indotto i tre esperti a prendere le distanze dall'ipotesi bomba a bordo. Del reato più grave - attentato agli organi costituzionali e alto tradimento - saranno chiamati a rispondere i generali Zeno Tascio, ex capo del Sios, il servizio segreto aeronautico; Corrado Melillo, ex caporeparto di Stato maggiore dell'Aeronautica; Franco Ferri, ex sottocapo di stato maggiore della Difesa e Lamberto Bartolucci, ex capo di stato maggiore dell'arma azzurra. Di falsa testimonianza i PM avevano già accusato il generale Francesco Pugliese, ex capo di Civilavia; Nicola Fiorito Del Falco, ex vicecapo del Sismi; il generale Pasquale Notarnicola, ex responsabile del controspionaggio Sismi; Bruno Bombrezzi, ex capo dell'ufficio secondo del Sios; i due 007 del Sismi Umberto Alloro e Claudio Masci. Già a luglio Priore volle incontrare Ciampi per anticipargli il risultato della sua inchiesta. Il processo però potrà far luce a malapena sui depistaggi che hanno costellato la vicenda. Le posizioni di vari indagati - un groviglio di calunnie, omissioni di denunce, falsi, favoreggiamenti e occultamento di atti – sono state cancellate da prescrizioni e amnistie. E tuttavia oggi si viene a sapere che il jet grossetano pilotato dal comandante Nutarelli, poi morto nel misterioso incidente di Ramstein, volò in concomitanza con l' abbattimento del Dc9, e che dalla sua radio sarebbe partito un segnale di allarme. A sei giorni dal disastro l'allora ambasciatore Usa a Roma affermò che nessun aereo e nave americani erano in zona. Nell'88 la smentita venne anche da Francia e Germania. L'ipotesi, oggi, è che l'Aeronautica “confezionò” una versione con gli americani o la Nato prima di parlare col governo italiano. “E ora chiediamo conto, oltre ai militari, ai Paesi alleati - invita Daria Bonfietti, senatore ds e Presidente dell'associazione familiari delle vittime -. Non c'è mai stata risposta alla richiesta di rogatorie internazionali”. |